MICHELANGELO RAPITO, IL RACCONTO DI UN PROGETTO D’ARTE CHE HA CAMBIATO IL MODO DI GUARDARE AL FUTURO DI UN PICCOLO TERRITORIO

MICHELANGELO RAPITO, IL RACCONTO DI UN PROGETTO D’ARTE CHE HA CAMBIATO IL MODO DI GUARDARE AL FUTURO DI UN PICCOLO TERRITORIO

Denis Diderot filosofo illuminista, ma anche critico d’arte, parlando del mecenatismo diceva: “Non basta fare il bene, bisogna anche farlo bene”.

Quando abbiamo voluto sostenere Michelangelo rapito, la mostra progetto che ha avuto come fulcro il Castello dei Conti Guidi a Poppi, dall’Estate del 2023 all’inizio del 2024, avevamo in mente proprio un percorso di valore in un rapporto di reciprocità.
Non solo una semplice donazione, ma una progettualità condivisa che attivasse, a livello di territorio, una riflessione non solo sul passato ma anche e soprattutto sul futuro di questa piccola terra di confine che è stata protettrice d’arte e può aspirare a essere molto di più.

Inaugurazione della mostra al Castello di Poppi

Ci siamo riusciti? Sicuramente abbiamo cooperato, con il nostro fare bene e farlo bene, a porre le basi per un cambiamento culturale.

MICHELANGELO RAPITO, LA MOSTRA
L’esposizione, organizzata in collaborazione con le Gallerie degli Uffizi nell’ambito del progetto Uffizi Diffusi, è incentrata sulla storia della salvaguardia del patrimonio artistico nella Seconda guerra mondiale e sulle vicende dei depositi delle opere d’arte nel Casentino (Castello di Poppi, Convento di Camaldoli, Villa Bocci a Soci).
L’esposizione Michelangelo rapito, frutto di un’attenta ricerca archivistica e iconografica, è stata un’occasione per ricostruire un segmento fondamentale delle vicende del patrimonio artistico toscano durante la guerra direttamente in uno dei luoghi simbolo della storia, creando quindi un legame storico profondo tra contenuto e contenitore, tra percorso espositivo e sede espositiva, nonché tra territorio e musei fiorentini.
La mostra, attraverso un percorso storico rigoroso e suggestivo, con fotografie, documenti, filmati, opere e installazioni digitali, ha permesso di far conoscere alla comunità, e ai molti turisti italiani e stranieri che hanno visitato il Castello, una storia emblematica di salvaguardia di un patrimonio universale.

Il fauno di Michelangelo nella proiezione in 3D

L’INTERVISTA A ALESSIA CECCONI, CURATRICE DELLA MOSTRA
Per far capire la portata di tutto questo abbiamo intervistato la curatrice della mostra Michelangelo rapito Alessia Cecconi, storica dell’arte, direttrice della Fondazione CDSE (Centro di Documentazione Storico Etnografica, Prato). Ha all’attivo oltre quaranta pubblicazioni tra saggi, monografie, cataloghi di mostre e la curatela di una ventina di esposizioni. È coautrice del manuale per la scuola secondaria inferiore Arte e Immagine (RCS, Fabbri editore, 2014).

Denise Vangelisti con la curatrice Alessia Cecconi e l’artista delle installazioni video Alessio Bianciardi

-Alessia, come è avvenuto l’incontro con Denise e cosa ha significato per te?

L’incontro è nato nell’ambito della progettazione della mostra Michelangelo rapito. Capolavori in guerra dagli Uffizi al Casentino, esposizione promossa dal Comune di Poppi con le Gallerie degli Uffizi nell’ambito del progetto Uffizi Diffusi, sostenuta da numerosi partner istituzionali e privati. Per il sostegno di questi ultimi è stato decisivo l’impegno profuso dalla dottoressa Vangelisti, che ha proposto e sostenuto con entusiasmo questo progetto culturale, coinvolgendo numerosi imprenditori che hanno poi sposato questa causa. E’ stato un apporto decisivo, concreto e partecipato per la realizzazione dell’intero progetto e per la rete di interesse che si è poi creata intorno alla mostra.

Caravaggio e alcune sue opere protette dal Casentino in tempo di guerra

-Quale direttrice di senso hai seguito nell’allestimento della mostra?

Innanzitutto rispetto ad altre mostre dedicate al tema della salvaguardia del patrimonio artistico nei conflitti, questa esposizione aveva una particolarità unica: si svolgeva nel luogo esatto dove era narrata la storia. Si racconta l’incredibile vicenda di un patrimonio -come quello degli Uffizi e dei principali musei fiorentini- nel sito dove oltre ottanta anni fa furono messi al riparo quegli stessi capolavori, cioè il castello di Poppi, già scrigno di un patrimonio artistico e librario incredibile. Nell’allestimento della mostra andava quindi ricreata questa dualità tra contenuto e contenitore che non ha precedenti, cercando di valorizzare da un lato il Castello e dall’altro l’elenco di masterpieces che conservò per cinque anni. Nello stesso tempo occorreva raccontare il contesto in cui si inserisce la vicenda dei depositi d’arte del Casentino, in modo da evidenziare una narrazione di respiro nazionale e internazionale e non ridurla a mero episodio storico provinciale. Il ruolo dei depositi d’arte nel Casentino – Poppi, Camaldoli e poi Villa Bocci a Soci- lo si comprende pienamente se si colloca la vicenda nello scenario internazionale per la messa in sicurezza di un patrimonio universale durante la Seconda guerra mondiale.
Altro dato significativo era la presenza di un’opera protagonista, ovvero la scultura michelangiolesca del fauno sparita durante le requisizioni tedesche e mai più ritrovata: era necessario restituire all’opera una profondità storica che ne ricostruisse tutti i passaggi dalla fine del Quattrocento ai giorni nostri, togliendo tutte le ricostruzioni leggendarie che rischiavano di ridurre a folklore e a novella una vicenda storico-artistica importantissima. La storia e la fortuna critica della Maschera di Fauno hanno caratteri di eccezionalità da tanti punti di vista e la verità storica ha una forza unica, più travolgente di qualsiasi ricostruzione immaginaria. Narrare la nascita -nei secoli- di una “celebrità”, di un’immagine iconica, che nella sua sparizione ha trovato la definitiva consacrazione è stata una sfida molto affascinante.

-Il risultato ha aggiunto qualcosa alla tua idea iniziale?

Certamente, soprattutto nella sezione della mostra dedicata alla sala immersiva. Era la prima volta che interagivo con un digital artist (Alessio Bianciardi per Project Italia) e si è rivelato un lavoro di grande simbiosi artistico-scientifica. Anche qui si prospettava un’altra scommessa culturale forte: non era solo una questione di animazione delle opere e di contemplazione della bellezza. Al centro della Mostra immersiva c’è una narrazione storica basata su anni di ricerca, su documenti archivistici e una ricchissima indagine iconografica (foto e filmati d’epoca). In corso d’opera abbiamo immaginato che potesse essere direttamente l’opera del Fauno michelangiolesco a narrare in prima persona la sua vicenda lungo mezzo millennio di storia, attraversando il Rinascimento e la Seconda guerra mondiale. Il risultato è stato ben oltre le aspettative: riuscire ad emozionare e far riflettere conservando la scientificità della storia è stata la soddisfazione più grande.

-Ci sono stati momenti intermedi nel lavoro alla mostra che ti hanno “messa alla prova” (intendo a livello sia professionale-scientifico che emotivo) e per quali ragioni?

Durante la realizzazione di una mostra curatori e staff vengono continuamente messi alla prova, i problemi nascono quotidianamente ed è necessario essere versatili e proattivi per poter trovare soluzioni e adattamenti. Il risultato finale non è mai identico al progetto originario: può capitare che non tutte le opere od oggetti richiesti per il prestito siano effettivamente concessi, che alcuni costi lievitino in corso d’opera, che ci sia un ripensamento nell’utilizzo degli spazi. L’importante è lavorare con persone che antepongono la volontà di risolvere i problemi al problema stesso: nel caso di Michelangelo rapito è stato fatto un grande lavoro di squadra, a partire dalla dott.ssa Alessia Busi responsabile per il Comune di Poppi del coordinamento della mostra.

L’arte e la sua magia

-Michelangelo Rapito cosa significa per te come esperta di settore?

Il tema del rapporto tra patrimonio artistico e guerra è stato oggetto negli ultimi anni di grande attenzione mediatica, che si è spesso trasformato in mostre, film, documentari, incontri, convegni. Le stesse Gallerie degli Uffizi negli ultimi anni hanno dedicato grande attenzione al tema generale e alle sue implicazioni nella storia del Novecento: ogni anno ricordano il Giorno della Memoria e tra il 2016 e il 2017 dedicarono al tema l’importante mostra “La tutela tricolore”.
Michelangelo rapito, che si inserisce in questo filone ed è nato dalla grande collaborazione con gli Uffizi, è un progetto che ha caratteri di originalità rispetto ad altre mostre, non solo per il luogo dell’esposizione che è anche il protagonista della storia, ma anche per la presenza di una mostra immersiva che, come dicevo, non è semplicemente un’esperienza visiva, ma parte integrante del percorso storico della mostra.

Il Castello di Poppi ha ospitato per la mostra 28 mila visitatori, 58 classi di studenti, 1500 bambini e ragazzi

-Imprenditori e arte. Quale interpretazione potresti dare a questo binomio?

Imprenditori e arte è un binomio che ha radici storiche secolari e mille sfaccettature, spaziando dal collezionismo privato al mecenatismo pubblico. Nelle varie epoche è stato il motore di grandi imprese artistiche che oggi sono patrimonio di tutti. Nei nostri tempi, che hanno più che mai bisogno di esperienze di bellezza e conoscenza consapevole, investire in cultura e in arte dà vita a circoli virtuosi fondamentali, soprattutto quando a beneficiarne è la comunità.

-Michelangelo Rapito avrà un possibile seguito? E quale eventualmente?

Lo speriamo tutti vivamente. E’ un progetto (come storia e percorso espositivo) che da un lato merita di essere conosciuto anche in altri contesti italiani e internazionali e dall’altro, essendo patrimonio del territorio, meriterebbe di rimanere, anche in piccola parte, come esposizione permanente.

Momenti di visita immersiva

-E’ possibile riportare “al centro” i territori marginali attraverso l’arte o l’Arte, quella importante, può vivere solo nei grandi centri?

E’ un percorso virtuoso che vale la pena percorrere con decisione ed entusiasmo, con l’unione di più soggetti.
Ci sono territori periferici, come il Casentino, che hanno una ricchezza unica nel loro complesso, data da una rete di emergenze storiche, artistiche, paesaggistiche: già questa ricchezza diversificata è l’Arte con la A maiuscola. Ovviamente se questo patrimonio diffuso lo si fa dialogare con eventi culturali che possono agire da eventi attrattori e lo si mette in relazione con percorsi artistici di respiro nazionale e internazionale, il richiamo turistico di un territorio diventa esponenziale. La mostra Michelangelo rapito si inserisce a pieno in questa scommessa.

Un momento di visita che lega le generazioni